(Adnkronos) – Quali sono i reali rapporti tra Putin e Trump? Fino a che punto gli interessi dei due possono coincidere? E fino a quando Trump può pensare che aspettare Putin sia la cosa più utile da fare? I dubbi sulla tenuta della ritrovata sintonia sull’asse Washington-Mosca si infittiscono con il passare dei giorni. E' bene partire dai fatti. O, meglio, da quello che non sta accadendo. Nonostante le pressanti richieste di Trump, Putin ha detto no a tutte le opzioni sul tavolo. Niente cessate il fuoco, neanche parziale, e nessun stop ai bombardamenti sulle città ucraine. Anzi, si rafforza la convinzione che la Russia sia pronta a intensificare la sua pressione militare per massimizzare il risultato sul campo. Il presidente americano non può tollerare a lungo che alle sue promesse di pace corrisponda un intensificarsi della guerra. Che alle sue parole corrispondano immagini di nuovi morti e nuove ferite inferte al territorio ucraino. Andando avanti così, potrebbe diventare evidente che serva altro per convincere Putin a fermare la guerra. Cosa? Trump ha subito legato la ritrosia di Mosca a un’ipotesi di nuove sanzioni, mettendo sul tavolo l’arma che maneggia meglio, i dazi, in questo caso sul petrolio russo. Il meccanismo che scatta nella dialettica trumpiana è sempre lo stesso: o fai quello che ti dico, e sei quindi un mio amico, o ti colpisco perché torni a essere un mio nemico. Difficile capire però quanto il presidente americano sia disposto a investire in termini di risorse e di tempo su una relazione che comporta evidentemente un impegno superiore ai piani. Lo scenario che prevedeva poche settimane di discussione per arrivare a una pace, anche approssimativa e temporanea, sembra sempre meno probabile. E questo perché, anche capovolgendo il punto di vista, le stesse aspettative del Cremlino non trovano riscontro nei fatti. Il sostegno americano a Kiev è ancora in piedi e il fronte Occidentale non si è ancora disgregato perché, se è vero che l’Europa è molto più sola, e quindi più marginale, non si è arrivati ancora alla resa dei conti all’interno dell’alleanza atlantica. Dato che le condizioni russe per una tregua sono sempre le stesse, sostanzialmente inaccettabili per Kiev e per l’Europa, servirebbe un negoziato vero, lungo, articolato, con tutte le risorse della diplomazia impiegate. Ma al momento due parti su tre, proprio Putin e Trump, non sembrano avere intenzione di affrontare il tema seriamente. Nel senso che non sembrano serie le soluzioni prospettate, né l’impossibile commissariamento Onu dell’Ucraina ipotizzato a Mosca con Zelensky fuori dai giochi né la sostanziale resa incondizionata di Kiev che, alla fine, consentirebbe sia a Putin sia a Trump di ritenere soddisfatti i reciproci interessi. Una chiave di sviluppo possibile, soprattutto pensando all’attitudine affaristica di Trump, è quella legata agli interessi economici e allo sfruttamento delle risorse. Notizia di oggi, arrivata dal rappresentante della presidenza russa per gli investimenti e la cooperazione economica con gli Stati esteri, Kirill Dmitriev, è che Russia e Stati Uniti hanno "iniziato a discutere di vari tipi di terre rare e progetti in Russia”. È evidente però come qualsiasi affare con i russi possa essere ipotizzato solo dopo la fine della guerra. Una notizia questa che si lega, peraltro, alle nuove minacce di Trump a Zelensky che si riferiscono proprio all'accordo sulle terre rare, questa volta ucraine. Ancora una volta è il fattore tempo a contare. Per tutte le parti coinvolte. Anche perché si continuano a contare i danni, da una parte e dall’altra. Sono ormai quasi incalcolabili quelli che riguardano l’Ucraina, ma anche la Russia deve fare i conti con un’economia sempre più compromessa in tutta la sua componente non bellica e sul prezzo pagato sul campo. Le perdite in combattimento delle truppe russe dal 24 febbraio 2022 al 31 marzo 2025 nella guerra contro l'Ucraina sono state pari a 915.230, di cui 1.230 nell'ultimo giorno, riferisce lo Stato maggiore ucraino, nell'ultimo aggiornamento pubblicato da Ukrinform. Il quadro resta più complesso di quanto Trump avesse ipotizzato. Nel celebre scontro alla Casa Bianca, Trump disse chiaramente al presidente ucraino che non aveva carte in mano da giocare. È passato un mese ed è sempre più complicato capire chi abbia realmente le carte in mano. Forse nessuno, perché la soluzione di un conflitto come quello innescato da Putin è più complessa di qualsiasi partita a carte. (Di Fabio Insenga) —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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