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Migranti, Ue pone basi per deportazione in Paesi terzi

(Adnkronos) – La Commissione Europea vuole introdurre, con la proposta di regolamento sui rimpatri, la possibilità legale di deportare le persone che soggiornano illegalmente nell'Ue e hanno ricevuto una decisione di rimpatrio definitiva in un Paese terzo, sulla base di un accordo o di un'intesa conclusi bilateralmente o a livello dell'Ue. Lo comunica l'esecutivo Ue, che usa la parola "return", traducibile in italiano con "rimpatrio", ma non in questo caso (il migrante sarebbe trasferito non nel suo Paese d'origine, ma in un altro Stato). L'accordo può essere concluso con un Paese terzo che rispetti gli standard e i principi internazionali sui diritti umani, in conformità con il diritto internazionale, incluso il principio di non respingimento (non refoulement). Le famiglie con minori e minori non accompagnati sono escluse e l'attuazione di questi accordi deve essere "soggetta a monitoraggio". Come specifica il commissario europeo agli Affari Interni e Migrazione Magnus Brunner, in conferenza stampa a Strasburgo, il cosiddetto "modello Ruanda", la deportazione dei migranti irregolari nel Paese dell'Africa Orientale progettata ma mai attuata dal governo britannico (a parte quattro persone che vi sono andate volontariamente), è una cosa "diversa" dal protocollo Italia-Albania il quale, a sua volta, è "cosa diversa" dagli hub per rimpatri per cui il regolamento rimpatri proposto oggi dalla Commissione Europea delinea una base giuridica. Loo. "Il protocollo Italia-Albania riguarda i richiedenti asilo – spiega Brunner, che ha una formazione giuridica – mentre gli hub per i rimpatri" cui pensa l'Ue "riguardano persone che si sono già viste rifiutare la domanda d'asilo".   Il sistema è destinato a rimpiazzare i 27 sistemi nazionali attualmente in vigore, che hanno dimostrato tutta la loro inefficacia. Il nuovo regolamento prevede procedure comuni per l'emissione di decisioni di rimpatrio e un ordine di rimpatrio europeo, che deve essere emesso dagli Stati membri. Il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio dovrebbe consentire allo Stato membro di riconoscere e di far rispettare direttamente una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro senza dover avviare una nuova procedura.  Entro il primo luglio 2027, un anno dopo l'entrata in vigore del patto sulla migrazione e l'asilo, la Commissione esaminerà se gli Stati membri hanno stabilito accordi appropriati per elaborare in modo efficace gli ordini di rimpatrio europei e adotterà una decisione di esecuzione che renderà obbligatorio il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro.  Sono previste norme chiare sul rimpatrio forzato, incentivando al contempo il rimpatrio volontario: i rimpatri forzati saranno obbligatori quando una persona che soggiorna illegalmente nell'Ue non collabora, fugge in un altro Stato membro, non lascia l'Ue entro la scadenza stabilita o rappresenta un rischio per la sicurezza. Questo sistema, secondo la Commisssione, incentiva il rimpatrio volontario entro le scadenze stabilite per l'uscita dall'Ue. Sono previste, sottolinea la Commissione, "forti garanzie" durante l'intero processo di rimpatrio: tutte le misure relative al rimpatrio "devono essere eseguite nel pieno rispetto degli standard fondamentali e internazionali sui diritti umani", come ha ripetutamente sottolineato, fin dalla sua audizione di conferma, il commissario agli Affari Interni e Migrazioni Magnus Brunner. Sono previste procedure chiare come il diritto di fare appello, il sostegno alle persone vulnerabili, forti garanzie per i minori e le famiglie e l'adesione al principio di non respingimento.  Il sistema prevede però norme più severe per limitare gli abusi e gestire la fuga: gli Stati membri saranno dotati di norme rafforzate per localizzare i rimpatriati, con la possibilità di richiedere una garanzia finanziaria, una segnalazione regolare o di risiedere in un luogo designato dalle autorità nazionali. Le nuove norme stabiliscono chiare condizioni per la detenzione in caso di rischio di fuga, nonché alternative alla detenzione. La detenzione può arrivare fino a 24 mesi, rispetto agli attuali 18 mesi. Inoltre, l'effetto sospensivo delle decisioni di rimpatrio non sarà più automatico, a meno che non vi siano problemi relativi al non respingimento.  Il sistema prevede norme specifiche per le persone che presentano rischi per la sicurezza: gli Stati membri dovranno verificare in anticipo se una persona costituisce un rischio per la sicurezza. Una volta identificati, questi individui sono soggetti a regole severe, tra cui il rimpatrio forzato obbligatorio, divieti di ingresso più lunghi, motivi di detenzione separati.  La detenzione può essere estesa oltre i normali 24 mesi su ordine di un giudice. Inoltre, la riammissione diventa parte del processo di rimpatrio: per colmare il divario tra una decisione di rimpatrio e l'effettivo rimpatrio in un Paese terzo, le nuove regole stabiliscono una procedura comune per garantire che una decisione di rimpatrio sia sistematicamente seguita da una richiesta di riammissione. Consentono inoltre il trasferimento di dati a Paesi terzi ai fini della riammissione. Il regolamento introduce la possibilità legale di trasferire le persone che soggiornano illegalmente nell'Ue e hanno ricevuto una decisione di rimpatrio definitiva in un Paese terzo sulla base di un accordo o di un'intesa conclusi bilateralmente o a livello dell'Ue. L'accordo può essere concluso con un Paese terzo che rispetti gli standard e i principi internazionali sui diritti umani in conformità con il diritto internazionale, incluso il principio di non respingimento. Le famiglie con minori e minori non accompagnati sono escluse e l'attuazione di questi accordi deve essere soggetta a monitoraggio. Spetterà ora al Parlamento Europeo e al Consiglio concordare sulla proposta. La Commissione Europea sosterrà i colegislatori per portare avanti i negoziati sulla bozza di regolamento. La Commissione pubblicherà anche un documento di lavoro dei servizi della Commissione, che descrive in dettaglio le prove utilizzate per preparare la proposta. La proposta di regolamento si inquadra nel Patto sulla migrazione e l'asilo, che entrerà in vigore a metà del 2026, che prevede un esame più rapido delle richieste di asilo: perché il sistema funzioni, i rimpatri devono essere effettivi e non, come accade oggi, essere un'eccezione. La proposta dell'esecutivo Ue intende colmare questa lacuna.   —internazionale/[email protected] (Web Info)

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