(Adnkronos) – Aspirare gli esiti di un'infezione dall'aorta ed evitare complicanze cerebrali, senza fermare il cuore. E' italiano il nuovo primato mondiale che rivoluziona la cardiochirurgica nel trattamento dell'endocardite infettiva in pazienti inoperabili. A pochi mesi da un altro primato il team di Gino Gerosa, direttore Uoc Cardiochirurgia Azienda-Ospedale Università Padova, ha messo a punto con successo una nuova tecnica di intervento di rimozione di una vegetazione endocarditica dall'aorta ascendente "senza fermare il cuore – spiega lo specialista – senza l'utilizzo di circolazione extracorporea e con una incisione di soli 4 centimetri, entrando dall'arteria succlavia con l'angioVac, un sistema di aspirazione. Come con un aspirapolvere abbiamo aspirato il trombo, questa grossa vegetazione endocarditica che era sopra la protesi valvolare aortica". A beneficiare per primo dell'innovativa procedura è stato un uomo di 81 anni già sottoposto a sostituzione valvolare aortica nel 2018, con fattori di rischio cardiovascolare quali ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, arteriopatia Tsa sottoposta ad intervento. "L'endocardite infettiva – descrive Gerosa – è un'infezione della protesi valvolare che, a volte, crea delle vegetazioni, una sorta di pallini che sono un ammasso di batteri e coaguli che possono embolizzare: nel paziente una di queste palline si era già staccata e aveva raggiunto il cervello. In questa condizione, se si interviene con la tecnica tradizionale, cioè con la circolazione extracorporea e fermando il cuore, si deve scoagulare il sangue. In questo paziente, che aveva già avuto una piccola embolia cerebrale, la procedura tradizionale, a torace aperto, rischiava di trasformare l'ischemia cerebrale in una emorragia cerebrale". L'approccio microinvasivo ha permesso invece il minimo accesso a cuore battente senza circolazione extracorporea con supporto emodinamico in Ecmo like configuration e con bassa dose di eparinizzazione. Il paziente è stato estubato in prima giornata post operatoria, con una degenza complessiva in terapia intensiva di 5 giorni e con completo recupero neurologico. Attualmente sta facendo riabilitazione. Importante l'apporto tecnologico per il successo della procedura. "L'intervento è stato fatto in sala ibrida – sottolinea Gerosa – una sala operatoria che ha un laboratorio di emodinamica, quindi si può guardare dentro il cuore del paziente con raggi X o ultrasuoni dell'ecografia, che diventano gli occhi del chirurgo, visto che non si apre il torace". Il sistema angioVac è già stato impiegato in altri primati mondiali. "Qualche anno fa – ricorda il cardiochirurgo – abbiamo modificato l'intervento nel tumore renale che invade anche la vena cava inferiore: un tempo bisognava aprire lo sterno, andare in circolazione extracorporea e fermare il cuore". In un'altra 'prima volta al mondo', entrando "dal ventricolo sinistro, abbiamo asportato una vegetazione come quella dell'ultimo primato, ma che era sotto una protesi mitralica. Un'altra innovazione è stata fatta in una paziente con Covid, in cui non si poteva intervenire tradizionalmente, aspirando un trombo dall'atrio sinistro". Con questa nuova procedura si offre "un'opportunità alternativa di intervenire in pazienti molto anziani ad alto rischio, utilizzando una chirurgia micro-invasiva. Significa – precisa Gerosa – che non usiamo solo un mini accesso, senza aprire lo sterno, ma possiamo correggere alterazioni strutturali cardiache senza la circolazione extracorporea e senza fermare il cuore. E' un intervento di cardiochirurgia, non di cardiologia interventistica: nel caso di complicanze, infatti, interveniamo tempestivamente per la loro gestione, abbiamo sempre altre possibili soluzioni". Come si fa un primato mondiale? "Si parte dall'etica", risponde il professore che nella sua carriera ha riscritto più volte la storia della cardiochirurgia. Come spiega anche nell'articolo 'The Rules of medical innovation: experience, creatività and courage', pubblicato a sua firma su 'The Annals of Thoracic Surgery', "il chirurgo che fa un primato pensa a rispondere meglio a un'esigenza del paziente e questo ha un valore etico. I pilastri dell'innovazione sono: l'esperienza, ci vuole preparazione; creatività, cioè fantasia, e il coraggio, la capacità di applicare. Su questi 3 pilastri poggia l'architrave dell'etica. Tutto è governato dall'etica e solo dal rispetto del paziente". —[email protected] (Web Info)