(Adnkronos) – Un'azione di politica sanitaria pubblica, una formazione capillare per gli operatori sanitari e un'informazione corretta e verificata. Sono i tre fattori chiave che sono emersi dalla discussione sui dati forniti dalla seconda edizione del rapporto 'Gli italiani e il fumo', curata dal Censis con il contributo non condizionante di Philip Morris Italia. A sintetizzare i principali contenuti del rapporto è stata Ketty Vaccaro, Responsabile Ricerca Biomedica e Salute Censis. "Da parte delle istituzioni emerge una consapevolezza crescente sull'importanza di sviluppare azioni più efficaci rispetto al tema del fumo. Noi partiamo da un vantaggio: una dimensione di immaginario collettivo e culturale in cui la consapevolezza dei rischi legati al fumo è già molto elevata, anche tra gli stessi fumatori". Tuttavia, ha puntualizzato, "non possiamo continuare a lasciare il percorso di cessazione del fumo alla sola buona volontà dei singoli. Smettere di fumare è un processo difficile, segnato dalla dipendenza da nicotina e da tutti quei fattori che possono aver contribuito all'iniziazione, spesso già in giovane età". Per questo, ha aggiunto, "ritengo che l'intervento debba essere istituzionale: un'azione di politica sanitaria pubblica che si sviluppi su più dimensioni". Più in dettaglio, "è necessario intervenire con forza e sviluppare una strategia che preveda sia un'attività capillare di informazione, sia una formazione adeguata degli operatori sanitari, garantendo un interlocutore affidabile a chi almeno ha l'intenzione di smettere". Proprio rispetto al piano istituzionale, i contributi delle senatrici Ylenia Zambito ed Elena Murelli, entrambe membri della 10ª Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, si sono focalizzati sui passi in avanti da fare sul fronte pubblico. "Sul fumo e sui prodotti senza combustione è necessaria maggiore informazione. Secondo il Rapporto Censis sono soprattutto le persone con meno strumenti culturali a fumare. Quindi, se lo si somma alla carenza di informazioni, questo è un dato che dovrebbe far preoccupare, quindi si dovrebbe lavorare su tale aspetto", ha premesso Zambito, aggiungendo: "Bisogna solo capire come farla meglio per arrivare a più persone”. A livello parlamentare, a livello di iniziativa politica, "sicuramente possono essere organizzati seminari, incontri, tutte iniziative utili per raggiungere più persone possibili, da parte nostra occorre maggiore attenzione rispetto a questi temi", ha evidenziato. Anche Elena Murelli ha insistito sul tema della comunicazione. "Sono presidente dell'Intergruppo parlamentare sulle malattie cardiovascolari e il fumo è una delle cause con alcol, stili di vita scorretti, sedentarietà, di queste patologie. Ecco quindi che è importante fare comunicazione anche ai giovani". Partendo anche da una presa d'atto. “I centri antifumo statisticamente non funzionano. Dovrebbero essere utilizzati al meglio e rivisti, con un team multidisciplinare con accanto anche uno psicologo che convinca queste persone sull'importanza di aderire a queste campagne di prevenzione per poter smettere di fumare", ha proposto la senatrice. Centrale, ovviamente, è il ruolo del medico. "Il rapporto medico-paziente è fondamentale, soprattutto per il medico di famiglia, che ha la possibilità di vedere il paziente più volte all'anno, anche per motivi diversi da quelli strettamente legati al fumo. Questo consente di rafforzare, ad ogni visita, il messaggio sulla necessità di smettere di fumare”, ha argomentato Roberto Pescatori, Medico di Medicina Generale, Specialista in Cardioangiochirurgia, Responsabile SIC Sport Liguria. “È fondamentale intervenire, formando soprattutto gli operatori sanitari. I pazienti cercano informazioni da parenti, amici o dalla televisione, ma non si rivolgono sempre ai medici, che invece dovrebbero essere il riferimento principale. Quando una persona ha il colesterolo alto o l'ipertensione, si affida al medico: lo stesso dovrebbe accadere per la dipendenza da fumo, che va considerata a tutti gli effetti una patologia. Serve un approccio deciso, anche utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, compresi i prodotti senza combustione, se necessario", ha proseguito. In primo piano devono esserci sempre le evidenze scientifiche. “Studi scientifici hanno dimostrato che, dopo 3-5 anni di utilizzo di sigarette elettroniche o dispositivi senza combustione, si osservano miglioramenti delle prestazioni respiratorie, misurati attraverso strumenti come la spirometria e il walking test, usati comunemente dai pneumologi. Quando un paziente riferisce di 'sentirsi meglio' nel respiro, ciò è confermato da dati oggettivi”. Questo, considerando che "il nodo più difficile rimane convincere coloro che non vogliono smettere. Con loro dobbiamo lavorare con pazienza e determinazione, usando tutti gli strumenti disponibili per ridurre il rischio e, passo dopo passo, portarli alla cessazione completa del fumo”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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