(Adnkronos) – Un fegato sanguinante, tagliato da una scrofa appena “sacrificata”. Mangiato crudo a favor di telecamera, in un video che ha superato il mezzo milione di visualizzazioni e ha attirato centinaia di commenti, molti dei quali critici, disgustati. Michele Ruschioni, fondatore di “Braciami ancora”, ormai ci è abituato e al telefono con l’Adnkronos non si scompone: “E’ una tradizione dal valore quasi sacrale per i pastori di Seulo, in Barbagia. Il maiale cresce e vive insieme a loro fino al giorno del ‘sacrificio’, come ci tengono a chiamarlo, e non ne viene sprecato neanche un grammo. Questa è la mia personale battaglia contro chi crede che gli animali siano il petto di pollo nella vaschetta di polistirolo. Di cui non sappiamo nulla, anzi possiamo presumere che abbia vissuto in batteria, soffrendo nella calca fino al giorno della macellazione. Della scrofa sarda invece sappiamo tutto: cosa ha mangiato, che acqua ha bevuto, che vita ha fatto”. E a chi considera questa pratica ‘medievale’, risponde che tutto avviene sotto stretto controllo veterinario: “Mi fa sorridere chi pensa che io possa pubblicare immagini di un illecito. L’uomo nel video lo fa di mestiere. Ogni regione assegna ai singoli allevatori una quota di animali che possono essere abbattuti ‘per uso familiare’, ma è comunque una procedura che rispetta precisi standard sanitari”. Ruschioni è ormai una figura di riferimento per gli appassionati della carne alla brace sui social. Con oltre un milione di follower sulle varie piattaforme, ha saputo coniugare la passione per la gastronomia tradizionale con un approccio moderno, diventando una sorta di “guida Michelin” della carne in Italia. Fin dai primi post, “Braciami ancora” si è distinto per la sua capacità di documentare e tramandare l’arte della carne. Dalla frollatura alla cottura, Ruschioni si impegna anche a insegnare al pubblico le pratiche responsabili che caratterizzano l’intera filiera. Ci sono le recensioni delle migliori steak house italiane – più “fiamme” ricevono e più sono buone – e i reportage per riscoprire tradizioni locali e rituali ancestrali, con un approccio da antropologo. Il fegato del maiale, dopo la macellazione, viene diviso tra i presenti come simbolo di augurio e, secondo alcuni racconti, persino riservato alle donne non sposate come gesto propiziatorio. Ruschioni non si tira indietro, come in una prova d’iniziazione per conquistare la fiducia dei pastori che lo hanno accolto, nonostante la loro ritrosia all’idea di diventare “virali”. Tra gli insulti dei vegani e gli svenimenti di chi ha lo stomaco debole, molti delle avventure di Ruschioni apprezzano anche la componente “splatter”, banalmente perché si tratta di usanze non così lontane nel tempo. “Di fatto parliamo di una sola generazione. Chi oggi ha più di 60 anni probabilmente ha partecipato a questi riti, o magari ricorda i racconti di genitori e nonni. Era la normalità nelle comunità contadine, e testimonia un rapporto sano con la natura”. Il prossimo video in pubblicazione ha come protagonista la stessa scrofa sarda, dalla quale si ricava una specie di sanguinaccio: il sangue raccolto si versa in un budello, viene cotto alla brace, e poi affettato per essere mangiato sul pane abbrustolito. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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